La Storia

Il plesso “Pietro Verri” – INTERVISTA IMPOSSIBILE A PIETRO VERRI

ALUNNI: Buongiorno sig. Verri e ben trovato! Io e i miei compagni di classe la disturbiamo qui, nella splendida cornice della Villa Verri di Biassono, per farle alcune domande che ci consentiranno di conoscerla meglio e di far conoscere la sua vita e le sue opere agli utenti che navigano nel sito della nostra scuola. Il plesso della secondaria di primo grado dell’istituto scolastico di Biassono che frequentiamo è, infatti, a lei intitolato. La prima curiosità che vorremmo ci togliesse riguarda proprio la scelta di chiamare la nostra scuola con il suo nome: quale legame ha unito la sua figura con il paese in cui viviamo e studiamo, cioè Biassono?
PIETRO VERRI: Buongiorno, cari alunni, e grazie di cuore per il vostro interessamento! Rispondo subito alla vostra domanda. Dovete sapere che, tra il XVII e il XIX secolo, le vicissitudini e gli interessi economici della mia famiglia si sono intrecciati con il territorio della Brianza, specialmente con Biassono. Già nel lontano Cinquecento, i Verri, una famiglia nobile appartenente ad una delle dinastie più antiche della città di Milano, si era insediata come proprietaria terriera nel vostro paese e, alla fine del Seicento, il potere della famiglia è enormemente cresciuto, infatti ha acquisito un’ampia proprietà agricola sulla quale è stata edificata Villa Verri, luogo in cui ci troviamo e attuale sede degli uffici comunali.
ALUNNI: Grazie davvero per la risposta chiara ed esaustiva! Ora, se non siamo troppo indiscreti, ci piacerebbe che ci raccontasse qualcosa della sua famiglia. Sappiamo che suo padre si chiamava Gabriele e che lei aveva sei fratelli, alcuni dei quali si sono distinti e hanno portato prestigio alla famiglia tramite il loro impegno in diversi campi del sapere. Ci può cortesemente dire qualcosa in più?
PIETRO VERRI: Molto volentieri! Vi ricordo in particolare mio fratello Alessandro, cui ero molto legato da ragazzino: egli fu membro del corpo legislativo della Repubblica Cisalpina, letterato e filosofo, e visse per quasi tutta la vita a Roma, dove morì nel 1816. E poi non posso non menzionarvi Carlo, noto agronomo, che portò e diffuse a Biassono e in Brianza nuove tecniche agrarie insieme alla coltura della vite e del baco da seta.
ALUNNI: Effettivamente, proprio a Carlo è intitolato il Museo Civico di Biassono, “gioiello” del patrimonio storico e artistico del nostro territorio, che sorge proprio qui, accanto alla Villa Verri, e che lo scorso anno abbiamo visitato con i nostri professori. Ora, se non le dispiace, le chiederemmo di parlarci un po’ di lei. Sappiamo che è stato una delle figure di maggiore importanza dell’Illuminismo, fondatore, assieme ad altri intellettuali lombardi, della prima rivista didascalica italiana, il celebre “Caffè”, e dell’Accademia dei Pugni. Che cosa ci può dire a questo proposito?
PIETRO VERRI: Sì, posso affermare, modestamente, che sono stato l’anima e l’ideatore del “Caffè”, una rivista periodica che si poneva come obiettivo di abbandonare il sapere erudito a favore di una cultura cosmopolita e di rottura rispetto al passato, in linea con i principi dell’Illuminismo di cui sono stato celebre esponente. Per quanto riguarda l’Accademia dei Pugni, l’ho fondata insieme ad un gruppo di giovani aristocratici con cui ho fatto dei temi giuridici l’oggetto delle nostre riflessioni, convinto che la riforma del diritto fosse indispensabile.
ALUNNI: Signor Verri, l’appellativo “dei pugni” è davvero curioso … ci può spiegare qual è l’origine di questo strano nome?
PIETRO VERRI: Immaginavo poteste farmi una domanda del genere, perché già molte persone prima di voi me ne hanno chiesto una spiegazione, ed eccola qua: un giorno, io e l’amico e filosofo Cesare Beccaria ci siamo presi a pugni, per “risolvere” una questione di cui però non vorrei parlarvi, perché preferirei rimanesse segreta. Così, una volta riappacificati, abbiamo pensato che “dei pugni” potesse essere il nome giusto per un’Accademia che volevamo diventasse il simbolo della lotta contro le storture e i pregiudizi diffusi.
ALUNNI: Effettivamente, è stata un’ottima idea la vostra! Ma ci tolga un’altra curiosità: quale contributo ha dato alla stesura del celebre trattato “Dei delitti e delle pene”? Sappiamo infatti che, in passato, si è discusso molto sull’effettiva paternità dell’opera, ovvero su chi ne fosse l’autore.
PIETRO VERRI: Il testo che citate è nato proprio nell’ambiente colto e raffinato dell’Accademia dei Pugni, tra discussioni, meditazioni e letture. Esso può essere considerato il manifesto dell’Illuminismo giuridico lombardo. Quello che posso dirvi, senza timore di fare alcun torto all’amico Cesare Beccaria, è che senza il mio contributo quel testo non avrebbe mai visto la luce: a me vanno il merito della scelta del tema, dell’incitazione costante verso Cesare, della paziente ‘pulizia’ stilistica e sistemazione del manoscritto.
ALUNNI: La ringraziamo per la sua sincerità. Siamo anche a conoscenza del titolo di un’altra opera importante nata nell’ambito dell’Illuminismo lombardo: “Osservazioni contro la tortura”, di cui lei è l’autore. Quale pensiero ha espresso all’interno di questo testo a proposito dell’uso della tortura e delle modalità processuali della sua epoca?
PIETRO VERRI: Grazie per questa domanda, che mi consente di condividere con voi, ragazzi di oggi, un importante pensiero: tortura e pena capitale erano simboli di quel clima di fanatismo e superstizione di cui era stata preda la Milano spagnola colpita dalla peste. Quando ho scritto quest’invettiva contro il processo inquisitorio e l’uso della tortura, ero da poco venuto in possesso dei verbali di un processo del 1630, in cui innocenti cittadini, sospettati di aver diffuso la peste mediante malefiche unzioni, erano stati atrocemente torturati e condannati a morte tra indicibili strazi, perché giudicati colpevoli dell’accusa loro rivolta. Con la mia opera, in cui faccio riferimento a questo ingiusto e disumano processo, ho voluto dimostrare l’inutilità della tortura, non mezzo per scoprire la verità, come sosteneva la dottrina del tempo, ma per allontanarsi da essa, mediante confessioni estorte. La corrente culturale cui abbiamo dato vita, quella dell’Illuminismo, si proponeva, tra gli altri suoi scopi, di affermare la vittoria della luce della ragione sulle tenebre dell’ignoranza, della superstizione e della violenza, incarnate da un sistema giudiziario ingiusto e disumano contro cui mi scaglio nell’opera di cui mi chiedete informazioni.
ALUNNI: Grazie di cuore per queste sue parole e per le importanti riflessioni che stanno facendo nascere in noi! Un’ultima curiosità … ma le sue proposte e quelle dei suoi colleghi filosofi illuministi sono mai state accolte e trasformate in riforme / leggi concrete da qualche sovrano settecentesco?
PIETRO VERRI: Ottima domanda! Effettivamente, dei sovrani “illuminati” promotori di una stagione di riforme, sollecitati proprio dalle proposte di noi Illuministi, ci sono stati. Per esempio, in Lombardia, ai miei tempi sotto la dominazione austriaca, l’imperatore Giuseppe II Asburgo, asceso al trono nel 1780, ha accolto le nostre istanze: umanità della pena, certezza del diritto, realizzazione di Codici, abolizione della tortura, sono state solo alcune delle misure da lui adottate nel territorio del suo impero. Ma come Giuseppe II, dovremmo ricordare anche altri nomi: Pietro I di Russia, Federico II di Prussia, Maria Teresa d’Austria, Carlo III di Spagna, Pietro Leopoldo di Toscana … e numerosi altri sovrani.
ALUNNI: Alcuni dei nomi che ci sta facendo ci sono effettivamente noti: la stagione di riforme cui fa riferimento è quella che, in tutti i nostri libri di storia, viene definita del Dispotismo illuminato e riteniamo sia stata un’epoca di grande importanza nella storia dell’uomo, proprio per la spinta riformatrice che l’ha caratterizzata. A questo punto, non ci resta che salutarla, ringraziandola con tutto il cuore per questa interessantissima e stimolante chiacchierata che molto ci ha fatto riflettere: sicuramente ora ci risulta più chiaro il motivo per cui la nostra scuola secondaria è a lei intitolata e dobbiamo ammettere che ne andiamo fieri. Arrivederci e grazie, signor Verri.
PIETRO VERRI: A voi, cari ragazzi, un ringraziamento e un augurio: che la ragione, i principi e i valori che tanto noi Illuministi abbiamo contribuito a diffondere – uguaglianza, tolleranza, umanità, libertà, pace – possano sempre guidarvi e indicarvi, come fossero un lume, la giusta via da percorrere!